LAVORATORI DIPENDENTI:

 ATTENZIONE ALLA PRESCRIZIONE ANNUALE DEGLI STIPENDI
NON PAGATI


Perché è importante rivolgersi all'Avvocato del Lavoro entro (massimo) un anno dalla cessazione del rapporto lavorativo.

In qualità di Avvocato del Lavoro, attivo in particolare nelle province di Parma e Piacenza, tramite questo articolo intendo rivolgermi a tutti i lavoratori dipendenti che, alla cessazione del rapporto di lavoro, debbano ancora percepire dall'ex datore di lavoro retribuzioni arretrate.
In particolare, coloro che debbano ricevere gli stipendi e le mensilità aggiuntive quali tredicesima e quattordicesima.
Questa pagina informativa, ha il preciso scopo di impedire che il diritto si estingua per intervenuta prescrizione, precludendo per sempre – all'interessato – la possibilità di esigerne il pagamento.

Con specifico riferimento agli stipendi non pagati, è necessario porre una particolare attenzione alla norma, spesso trascurata, dettata dall'art. 2955 del Codice Civile.
Tale norma prevede la prescrizione annuale, decorrente dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, "
del diritto dei prestatori di lavoro per le retribuzioni corrisposte a periodi non superiori al mese".
Tra queste retribuzioni rientrano, appunto, gli ordinari stipendi da lavoro dipendente che, nella maggioranza dei casi, vengono pagati con cadenza mensile (o inferiore).


Una analoga disposizione, ma con previsione di prescrizione triennale, è dettata dall'art. 2956 c.c. con riferimento al “diritto dei prestatori di lavoro per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese”. Si intendono con tale espressione, principalmente le cosiddette mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima), che vengono per l'appunto corrisposte con cadenza superiore al mese. 

La prescrizione, prevista dalle norme appena richiamate, si definisce “presuntiva” (diversa dalla prescrizione cosiddetta “estintiva” di cui agli artt. 2946 e ss. c.c.).
È considerata una prescrizione presuntiva, nel senso che il legislatore, in relazione a determinate obbligazioni che di norma vengono pagate nell'arco di poco tempo, fa appunto presumere che decorso un determinato (breve) periodo di tempo, il relativo emolumento sia stato pagato e che quindi il credito sia stato estinto.

Proprio a questo punto, sorge un duplice e annoso problema per il lavoratore non pagato.

La prescrizione in esame, infatti, se viene eccepita dal datore di lavoro convenuto per il pagamento, comporta il fatto che, mentre normalmente è il datore di lavoro a dover dimostrare di avere pagato il dipendente (producendo ad esempio le relative distinte di bonifico, assegni o le ricevute di pagamento in contanti), in questo caso, invece, sarà il lavoratore (che ha lasciato passare 1 anno o 3 anni senza attivarsi) a dovere fornire la prova di non essere stato pagato (cosiddetta inversione dell'onere della prova). 
Tale prova, tuttavia, non potrà essere fornita in ogni modo (ad es. attraverso testimoni o prove documentali liberamente scelte) ma solo in due modi tassativamente individuati dal Codice Civile, ovvero:

a) tramite il deferimento del giuramento decisorio al datore di lavoro, ossia facendo giurare quest'ultimo, davanti al Giudice, con formula solenne, di avere pagato il debito al dipendente (art. 2960 c.c.); in tal caso, laddove il d.d.l. giuri di avere pagato, il processo si conclude a suo favore e la domanda del lavoratore (ebbene sì) sarà inevitabilmente rigettata, con ulteriore rischio di condanna alle spese legali; in tutti gli altri casi – va da sé – sarà invece il lavoratore a vincere la causa (anche se, come si può facilmente immaginare, difficilmente il d.d.l. si sottrarrà a un giuramento a sé favorevole, nel momento in cui ha deciso di resistere in giudizio...).

In caso di soccombenza a causa del giuramento, l'unica speranza per il lavoratore sconfitto è che si apra, a carico del datore di lavoro che abbia effettivamente giurato il falso, un procedimento penale per falso giuramento (art. 371 c.p., che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni) - in seguito a trasmissione degli atti in Procura da parte del Tribunale o in seguito a denuncia del lavoratore stesso. In tale procedimento, il lavoratore potrà costituirsi parte civile per “suffragare” l'attività del Pubblico Ministero ai fini della prova del reato (non soggetta, in questo caso, a limiti di sorta) e per chiedere il risarcimento dei danni in caso di condanna. A riguardo, va tuttavia precisato che anche un'eventuale condanna penale definitiva a carico del giurante non è causa di riapertura del processo civile (definito con sentenza passato in giudicato), in seno al quale il giuramento sia stato prestato.


b) Attraverso l'ammissione, anche implicita, in sede giudiziale, da parte del debitore/datore di lavoro medesimo, che l'obbligazione non è stata estinta (art. 2959 c.c.). 
Si tratta, dunque, di una presunzione di prescrizione che pur non essendo assoluta, ma relativa, ammette tuttavia “una limitata prova contraria” (Cfr. Luisa Galantino - “Diritto del Lavoro”, Cap. 19, Par. 7). 
In altri termini, il lavoratore in questi casi può subire oltre che il danno (“non sono stato pagato”), la beffa (“devo pure dimostralo tramite una prova estremamente complessa col rischio, altrimenti, di perdere la causa”).  


Per tale motivo, al fine di evitare le spiacevoli conseguenze descritte, e per non vedere compromessi i propri diritti, è dunque fondamentale che il dipendente non pagato, entro un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro (se deve percepire degli ordinari stipendi) o nel più ampio termine di 3 anni (per quanto riguarda le mensilità aggiuntive come 13a e 14a), si rivolga ad un avvocato del lavoro oppure ad un'organizzazione sindacale o ad altro consulente del settore.
Al fine di interrompere il decorso della prescrizione mediante l'invio, al datore di lavoro/debitore, di un atto stragiudiziale di costituzione in mora (ad es. tramite raccomandata con avviso di ricevimento o tramite P.E.C.) o mediante la instaurazione di un vero e proprio procedimento giudiziale, come ad esempio un ricorso per ingiunzione al Tribunale territorialmente competente (art. 2943 c.c.). 


Il rapido intervento di un avvocato giuslavorista può rivelarsi fondamentale, inoltre, per impedire la prescrizione anche di altri emolumenti scaturenti dal rapporto di lavoro. Ad esempio, il Trattamento di Fine Rapporto e l'indennità di preavviso (che si prescrivono di norma in 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro ex art. 2948 comma 5 c.c.), l'indennità sostitutiva di ferie e permessi non goduti e il corrispettivo per lavoro straordinario occasionale, istituti – questi ultimi – che si ritengono soggetti alla ordinaria prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c.

Non dimentichiamo, per completezza espositiva, che secondo l’art. 2953 c.c. i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni – tra i quali appunto i diritti soggetti a prescrizione presuntiva di cui sopra (stipendi e mensilità aggiuntive) – dal momento in cui sono riconosciuti con una sentenza di condanna passata in giudicato (intendendosi per tale anche il decreto ingiuntivo non opposto e dichiarato esecutivo: Cass. Civile, Sez. Lavoro, 1774/2018), diventano soggetti alla prescrizione ordinaria decennale.

Come ultima menzione, ma non certo in ordine di importanza, è fondamentale ricordare a tutti i lavoratori che un rapido intervento del legale del lavoro, può rivelarsi decisivo anche in una prospettiva di recupero dei crediti di lavoro attraverso il Fondo di Garanzia dell'INPS per il pagamento del TFR e dei diversi crediti (tale fondo interviene quando l'azienda, perché fallita o per incapienza patrimoniale-finanziaria, non è più in grado di pagare).

Con riferimento ai crediti di lavoro diversi dal TFR, indennizzabili dal Fondo di Garanzia soltanto nel limite delle ultime tre mensilità retributive spettanti al lavoratore, va rammentato che l’INPS si fa carico di rimborsare tali retribuzioni, a condizione che gli ultimi novanta giorni del rapporto di lavoro rientrino nei dodici mesi che precedono la data del deposito in Tribunale della prima domanda che ha dato origine alla rispettiva procedura concorsuale (ad esempio, la data del deposito dell’istanza di fallimento) oppure la data del deposito in Tribunale del ricorso per la tutela dei crediti, per i quali si chiede l’intervento del Fondo (ad es. ricorso per decreto ingiuntivo).


In conclusione, se non siete stati pagati dal vostro ex datore di lavoro, il mio consiglio è senza dubbio di non far passare troppo tempo dalla cessazione del rapporto di lavoro, prima di rivolgervi ad un professionista nel campo del Diritto del Lavoro per il recupero del credito.
Altrimenti, sussiste il rischio di compromettere le possibilità di soddisfacimento dei vostri – più che legittimi – diritti.

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